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La sposa liberata

Lo scrittore e drammaturgo israeliano Abraham "Boolie" Yehoshua nasce a Gerusalemme il 19 dicembre 1936 in una famiglia d'origine sefardita. Il padre Yaakov Yehoshua è uno storico, i cui studi in vita hanno approfondito la storia di Gerusalemme; la madre, Malka Rosilio, è una donna giunta in Israele dal Marocco nel 1932.  Abraham Yehoshua dopo aver servito nell'esercito dal 1954 al 1957, studia alla scuola Tikhonaime e si laurea in Letteratura ebraica e Filosofia all'Università Ebraica di Gerusalemme. Ottiene in seguito incarichi come professore esterno presso le Università statunitensi Harvard di Chicago e Princeton.
Il romanzo di Abraham B. Yehoshua mette in risalto l’attuale situazione dello stato di Israele, quando però si poteva ancora sperare nella pace. L’autore l’ha scritto durante la guerra tra israeliani e palestinesi avvenuta tra il 1998 e il 2001, che continua ancora oggi . Una qualità di questo scrittore è quella di saper raccontare la “Grande Storia” e contemporaneamente le piccole storie dei singoli individui. Coinvolge il lettore con vicende drammatico del mondo in cui viviamo, dando allo stesso modo vivezza alla vita delle persone e ai loro problemi. I suoi personaggi vivono una vita normale, come si fa nel mondo odierno. Ne “La sposa liberata” la vita di una solida famiglia di professionisti israeliani, Rivlin e Haghitz, viene sconvolta dal fallimento del matrimonio dell’amatissimo figlio Ofer, il quale è stato abbandonato dalla moglie Galia che ha preteso il divorzio. Sono passati cinque anni, ma la ferita di Ofer, ancora innamorato della moglie, è ancora fresca. Ma forse il più sconvolto di tutti è il padre, che ama Ofer e non sa darsi pace per la fine del suo matrimonio. Anche perché non se ne conoscono i motivi. Tutto è successo così, all’improvviso, in gran segreto e Ofer non ha mai voluto raccontare a nessuno quello che è realmente accaduto. Yehoshua è un liberal e un pacifista e dunque  protagonista Rivlin, non solo è uno studioso dei popoli arabi, ma ama la loro storia e la loro cultura. Rivlin tuttavia tratta con grande confidenza affettiva il mondo arabo-palestinese. Ma leggendo il romanzo non si sfugge ad un’oscura e inquietante sensazione, caratterizzata da pagine in cui tanto spazio ha il mondo arabo. La sensazione cioè che lo stato di Israele vive totalmente immerso nel mondo arabo, che lo sviluppa da ogni lato, che tutto ciò può farci pensare o magari temere che un giorno a sua fragile idendità potrebbe di colpo venire sopraffatta, fino a scomparire del tutto…                                                                 Il romanzo afferma che quei due mondi sono incredibilmente distanti, di secoli di storia e di un’evoluzione avvenuta, per gli israeliani e per i palestinesi la religione resta la cosa più importante che c’è, aldilà del conflitto politico-militare che divide i due popoli. Forse l’identificazione iniziale del bambino arabo con una madre repressa e succube, talvolta anche umiliata, contribuisce alla sua incapacità di sviluppare un senso di libertà interiore durante l’adolescenza. Tuttavia lo scrittore non smette di coltivare altre ipotesi, e di operare per l’avvento di una difficile, ma non impossibile, convivenza tra nazioni.

MARTINA SCATURRO
REBECCA FRATELLO
LUCIA NIELI
VIRGINIA MANGIARACINA
III B