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La doppia seduzione di Francesco Orlando


BIOGRAFIA
Dopo essersi iscritto, per andar dietro alle orme del padre avvocato, alla facoltà di giurisprudenza di Palermo, si mette a seguire piuttosto le lezioni di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, decidendo poi di passare alla facoltà di lettere e laurearsi in letteratura francese. La sua prima formazione letteraria dunque è avvenuta nella Sicilia degli anni cinquanta alla scuola di Tomasi di Lampedusa, il quale, a partire dal 1953, lo invita alle lezioni di letteratura inglese e francese che teneva privatamente per un gruppo di giovani amici, tra cui Gioacchino Lanza Tomasi, nella sua abitazione. Ed è proprio in casa Lampedusa, di cui diventerà uno dei principali interpreti, che Orlando ha il suo primo contatto con la psicoanalisi grazie alla moglie di questi, Alessandra Wolff-Stomersee, analista di scuola freudiana e allieva di Sigmund Freud, contatto che sarà decisivo per tutta la sua ricerca successiva. .
Gli anni trascorsi accanto alla figura di Lampedusa segnano profondamente anche la sua esperienza biografica, tanto che nel 1963 Orlando affiderà alle stampe un suo Ricordo di Lampedusa, seguìto nel 1996 dall'appendice di riconsiderazioni di Da distanze diverse.
È stato docente prima di lingua e letteratura francese presso la facoltà di lingue e letterature straniere di Pisa e incaricato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa; proprio a Pisa, il giovane professore Orlando si è trovato a fronteggiare gli eventi del '68 italiano, durante il quale si dimostra solidale con le istanze del movimento studentesco, rimanendo comunque fermo sostenitore della necessità del proseguimento dell'attività universitaria. In seguito alle tensioni della contestazione studentesca, nel 1970 si è trasferito all'Università Federico II di Napoli, per poi spostarsi nel 1975 a Venezia, presso la recente facoltà di lettere e filosofia dell'Università Ca' Foscari; infine nel 1982 è ritornato nella sua amata Pisa. Nel 1995 ottiene a Pisa il conferimento della prima cattedra italiana di teoria della letteratura, disciplina che ha insegnato sino al 2006 e della quale è stato un esponente di rilevanza internazionale, soprattutto nello studio del rapporto tra letteratura e psicoanalisi, del quale è stato in Italia uno dei pionieri, pubblicando fin dall'inizio degli anni settanta articoli su "Belfagor", "Nuovi Argomenti", "Critica storica", "Studi Francesi", "Micromégas. Rivista di studi e confronti italiani e francesi", "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa", "Strumenti critici", "Paragone", "Saggi e ricerche di letteratura francese", "Rivista di letterature moderne e comparate", "Nuova rivista musicale italiana", "Cahiers de l'Association internationale des études françaises", "Annales de la Société Jean-Jacques Rousseau" ecc.

LA DOPPIA SEDUZIONE
Trama
Scritto, nelle sue prime versioni, tra il ’56 e il ’58, proprio nel momento cruciale in cui il romanzo del novecento taglia i ponti con il modello ottocentesco della narrazione “realista”, con le sue ambizioni di spiegare il mondo riproducendolo in ogni aspetto e dettaglio, La doppia seduzione esercita, anche sul lettore una duplice e contraddittoria fascinazione.
A un primo livello, è la fascinazione di una scrittura nuda, spoglia e asciutta che realizza il rifiuto totale di ogni enfasi, di ogni abbellimento retorico; una scrittura ascetica che prende le distanze dall’enfiato Ottocento carducciano e dannunziano ma in una direzione spettacolarmente diversa da quella del coevo neorealismo italiano.Una direzione che lettori e recensori hanno avvertito come “stendhaliana”: la rapidità e l’essenzialità di Stendhal -troppo moderne, come lui ben sapeva, per i lettori del 1840- sono carte vincenti per il narratore di metà novecento, e si distinguono felicemente da un altro tipo di rapidità e di essenzialità, a quell’altezza cronologica ormai inflazionato e decaduto a maniera troppo facilmente imitabile: quello dei più corrivi e fortunati narratori americani, in primo luogo Hemingway e Dos Passos.
Eppure ci spostiamo qui sul secondo livello questa scrittura trasparente e incisiva, segnata dall’orrore dell’approssimazione e dal culto di una precisione matematica, ci trasmette una vicenda che più ambigua , sfumata e complessa non potrebbe essere. Il rigore stendhaliano è qui al servizio di un enigmatico e crudelissimo “teatro d’ombre” che mette in gioco tutti i fantasmi del profondo e la loro invisibile potenza distruttiva. Nitida e sorvegliata all’estremo, la scrittura de La doppia seduzione affronta un mondo di forze smisurate, oscure e indomabili.
E’ come se il romanziere obbedisse, a suo modo, a una frase suggestiva del giovane Proust
La notte in cui vive e muore Ferdinando, il protagonista de La doppia seduzione, non è, nel momento in cui Orlando scrive il suo romanzo, un territorio inesplorato: vi si sono avventurati, tra gli altri, Flaubert, Dostoevskij e Proust.E’ stato René Girard a fornirne la più convincente definizione, nel 1961: è la notte del “desiderio mediato”.Tipico del mondo moderno, privo ormai di modelli e riferimenti ultraterreni, il desiderio mediato è per Girard un fenomeno contagioso e violento.
Nel personaggio di Don Chisciotte si presenta in una forma ancora innocua: l’eroe di Cervantes, incapace di desiderare spontaneamente, adotta come propri i desideri dei cavalieri erranti che popolano i romanzi, e in base a tali “desideri mediati” si perde in un mondo di fantasmi e di illusioni. In seguito, in Madame Bovary, nel dostoevskiano uomo del sottosuolo, così come negli snob di Proust, il desiderio mediato compie ben più gravi devastazioni. Spinge un soggetto solitario e fragile a scegliersi un Modello cui attribuire tutto quel che a lui manca, in particolare la debordante pienezza dell’energia vitale; per questo modello proverà sentimenti alterni e ambivalenti, che oscilleranno apparentemente senza spiegazione- dall’odio più forsennato alla più servile idolatria.
E’ a questa linea che appartiene La doppia seduzione, ed è questa appartenenza a sancire –accanto al nitore e all’essenzialità della scrittura la sua seconda modernità.
La “verità romanzesca” dei desideri incrociati che condannano il goffo e solitario Ferdinando a idolatrare Mario, socievole e sportivo, e il superficiale Mario ad invidiare il prestigio intellettuale di Ferdinando, sostituisce quella verità delle apparenze, degli scenari minuziosamente evocati, dei compiaciuti ritratti che caratterizzava il romanzo realista.
Christian Bacchillone