Un pianeta migliore e un sogno
che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso. Questo
oltre ad essere il mio sogno era anche quello di de famosissimi autori
siciliani vissuti tra la fine dell’Ottocento e gli del Novecento, Giuseppe
Tomasi di Lampedusa e Luigi Pirandello. Io paragono questi autori a dei girasoli in un campo di margherite, perché
cercano di far svegliare i loro concittadini per fargli la realtà con occhi
diversi. Anche se, sapevano benissimo che i siciliani non sarebbero mai
cambiati per il semplice fatto che si credano perfetti e la loro vanità è più
forte della loro miseria. Di tanto fuoco e amore profondo per la propria patria
e per gli uomini restano soltanto dei manoscritti. Di Giuseppe Tomasi di Lampedusa,
uomo di poche parole, appartenente ad una nobile famiglia, ricordiamo oltre il
Gattopardo, anche “I luoghi della mia prima infanzia”, una ricognizione dei
suoi affetti adolescenziali in cui Santa Margherita, nonché il mio paese, balza
in primo piano. Lì avrebbe voluto vivere e morire. Lì soltanto era stato
felice. Per egli Santa Margherita significava tempo del piacere e della
serenità, luogo di ispirazione, lì le nubi all’orizzonte erano lontane e i
conflitti sedati. Quando era ancora bambino, Giuseppe, si divertiva a correre
nei viali della villa Filangeri di Cutò e quando si stancava si rifugiava nella
sua casa delle bambole a leggere. Libertà, la terra delle cose semplici, la
terra delle madri che aspettano i figli che non verranno più, la madre che
toglie e da la vita. Questa era la Sicilia per Pirandello. Luigi Pirandello,
nobile uomo siciliano, che abbandona la sua terra per proseguire gli studi
nella città eterna. L’immagine della città eterna è condizionata sia dal
fascino dell’ evasione, sia dell’ebbrezza di vivere da soli in libertà, lontano
da casa, per cui Roma gli appare come la sede più adatta per realizzare i suoi sogni. E cosi fu. Dopo essersi laureato
incontra Maria Antonietta Portulono, con cui si sposa e ha due figli. Ma non
tutte le favole hanno un gran finale. Qualche anno dopo in seguito alla
distruzione della zolfara, di cui erano proprietari si aggiunsero dei gravi
problemi economici e la malattia della moglie, che già iniziava a manifestare i
primi sintomi. La sua vita stava cambiando, la reggia che era riuscito a costruirsi
pian piano crollava. D’un tratto la vita gli sembro bugiarda e da lì iniziarono
una serie di delusioni che non ebbero più fine sino a giorno della sua morte. È
stato uno degli uomini più tormentato della terra, spesso pensava anche di
uccidersi, ma non l’ha fatto per non abbandonare i suoi figli. Nonostante le
difficoltà ha cercato di far svegliare i siciliani da questo lungo sogno e ci
ha insegnato ad amare la vita così per com’è. Anche se siamo testardi e non
vogliamo cambiare, io sono orgogliosa della Sicilia e dei siciliani e
soprattutto di questi due autori che nonostante tutto hanno creduto in qualcosa
fino in fondo.
Lucia Nieli III B