Giuseppe Tomasi di Lampedusa e
Luigi Pirandello. Due autori che hanno letteralmente portato la Sicilia, la
sicilianità e il nostro modo di essere in ogni angolo del pianeta. In poche
parole due mostri sacri della letteratura italiana che pur avendo vissuto lontano dalla loro
terra non l’hanno mai dimenticata e per farla conoscere hanno scritto opere che
saranno diventati veri e propri classici. I due scrittori apparentemente non
hanno niente in comune. Andando però a scavare più a fondo
entrambi parlano di un argomento ben specifico: la decadenza.
Non soltanto una decadenza economica ma spirituale, l’uomo che entra in
conflitto con se stesso e che per emergere deve usare tutte le sue facce e deve
ricorrere a trucchi e a sotterfugi per raggiungere i suoi scopi e che non fa le
cose giuste ma solo le cose che convengono.
La Sicilia vista alla lente di ingrandimento, la terra dalla quale gli
autori hanno tratto ispirazione per le loro opere e della quale si sono
profondamente innamorati e rimasti legati. Giuseppe Tomasi di Lampedusa nasce
da una famiglia nobile e per questo con tantissime tenute ma che ha considerato
case solo due: la casa a Palermo dove è nato e cresciuto e la villa di Santa
Margherita di Belice. Per quest’ultima spende parole dolci e il suo amore per
lei arriva fino ad inserirla nel suo celeberrimo romanzo. Il nome della cittadina non viene
mai fatto. Forse per proteggerla o forse perché temeva che la notorietà avesse
dissolto la sua bellezza e che avesse
distrutto tutti i bei ricordi d’infanzia. A distanza di anni il paese conserva
intatto la figura dello scrittore e la custodisce gelosamente. La villa
mantiene lo stesso fascino di 90 anni fa e riesce a farci immaginare l’autore
seduto accanto ad un albero in uno dei suoi pomeriggi di lettura e solitudine .
Giuseppe era anche questo: un ragazzo riservato e che amava più stare con le
cose che con le persone. Io penso che al mondo non vi sia luogo migliore di
Santa Margherita per questo. All’ interno del terzo cortile anche un turista
alla prima visita ha la sensazione di essere al sicuro e di trovarsi lontano da
tutti e da tutto. Anche il palazzo che adesso ospita un museo dedicato all’autore
e ricostruito dopo il tragico terremoto del 1968 con le sue trecento stanze ci
da l’idea di come si dovesse sentire il piccolo Tomasi intento a scoprire nuove
cose e a cercare di svelare i misteri celati dietro ad esse. Adesso però
parlerò della vita di un altro scrittore siciliano che ha lasciato una traccia
profonda dentro noi stessi. Luigi Pirandello nasce ad Agrigento in località
Kaos ed anche il luogo in cui è nato profetizza tutta la sua esistenza . Il
Caos per lui è una condizione di vita mistica tra l’ordinario e lo
straordinario e in certo senso rappresenta la condizione che ha rincorso fino
alla morte. Lo scrittore però si mette anche in contatto con la parte concreta
della Sicilia. La terra delle zolfare e degli sterminati campi di grano che è stata
teatro di tutte le sue opere. In questo racconto però non mi soffermerò a
parlare dei luoghi che sono citati nelle sue opere, ma piuttosto in quelli dove
Pirandello ha vissuto da giovane, da adulto e in fine in vecchiaia. La prima
casa dove ha vissuto il celebre scrittore è quella situata al confine del
comune di Agrigento e quello di Porto Empedocle in località Kaos. Qui il
drammaturgo nasce e cresce, tra le difficoltà di allora e trova spazio e tempo
per dedicarsi allo studio della letteratura che l’ho sempre affascinato. In
questa dimora sono conservati manoscritti, cimeli e fotografie relative allo
scrittore. Queste unicità sono state rese pubbliche dalla Regione Sicilia che ha
aperto la casa ai visitatori e che ha istituito la fondazione “Casa Museo di
Pirandello”. La sua ultima casa invece non si trova in Sicilia ma a Roma dove
lo scrittore ha vissuto gli ultimi ma più intensi anni della sua vita che sono
stati coronati dalla vittoria del Premio Nobel. In questa casa sono conservati
la sua macchina da scrivere, il suo bastone ed alcuni capi d’abbigliamento.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Luigi Pirandello sono un patrimonio inestimabile
per la nostra terra e continuano ad essere un esempio di come si possa valorizzare
un territorio tristemente noto per alcuni fatti spiacevoli. In conclusione
spero che questo mio racconto sia utile al fine di non perdere la memoria verso
alcuni degli autori più venduti e tradotti del XX secolo e per educare i più
giovani alla cultura che è il nutrimento della mente.
Gianluca Saladino III B